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mercoledì 3 dicembre 2008

La Gelmini sul web invita al dialogo

da Studenti.it

Forse stufa di trovare su internet solo video di manifestazioni contro la sua politica, Mariastella Gelmini ha deciso di parlare lo stesso linguaggio dei giovani e di farlo usando la loro stessa "arma": un video online

Il Ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini apre un dialogo con gli studenti e lo fa attraverso un mezzo molto vicino ai giovani: Youtube. Nei 27 secondi che dura la sua esposizione, la Gelmini dichiara di voler aprire un canale per confrontarsi con gli studenti sui temi della scuola e dell'università, accogliendo proposte ma anche critiche. Su una cosa però resta ferma, e cioè sulla necessità di combattere sprechi e privilegi. "Bisogna avere il coraggio di cambiare - conclude - e bisogna farlo insieme".

L'idea di aprire un tavolo delle trattative attraverso il web è senz'altro originale, ma questo basterà a far sentire la Gelmini più vicina agli studenti che -prerequisito per l'apertura di un dialogo- chiedono il ritiro della legge sulla riforma della scuola, il decreto sull'università ed un ripensamento sui tagli?


martedì 28 ottobre 2008

"Pronti a lasciare tutto"


Il rettore del Politecnico di Torino: “Io e i miei colleghi ci dimetteremo in massa”

GIOVANNA FAVRO
TORINO
«Sono pronto a dimettermi». Il rettore Francesco Profumo butta sul tavolo della discussione e delle proteste che agitano le università italiane tutto il peso e il prestigio di uno dei più accreditati atenei d’Europa, il Politecnico di Torino: «Se il governo non cambierà strada, convocando i rettori, ritirando tagli insostenibili a aprendo la via a una seria riforma delle università, non potrò che dimettermi, insieme agli altri rettori italiani. Ne abbiamo parlato, siamo tutti d’accordo». Ed Enrico Decleva, «magnifico» della Statale di Milano e presidente della Conferenza dei rettori, conferma: «Non potremo fare altro. La Finanziaria infligge alle università un colpo mortale».
Rettore Profumo, ieri lei ha sospeso le lezioni e convocato una conferenza d’ateneo per discutere la situazione. E’ così grave?
«Se entro pochi mesi non cambierà nulla i rettori non potranno che dimettersi, perché non saranno più in grado non dico di progettare sviluppo, ma neppure di pagare gli stipendi ai professori».
A quanto ammontano i tagli?
«A livello nazionale, un miliardo e 450 milioni nel 2013. Al Politecnico, partendo da 114 milioni attesi dallo Stato per il 2009, il fondo di finanziamento ordinario calerà a 103 milioni nel 2010, 92 nel 2011 e 90 nel 2012. Peccato che già nel 2008 la spesa per gli stipendi del personale supererà i 99 milioni. Per far fronte agli scatti stipendiali e all’inflazione, i fondi dovrebbero invece crescere del 5% l’anno».
Non avete altre entrate? Il 60% del vostro bilancio non viene da industrie, Ue, privati e altri enti?
«Sì, ma non certo per gli stipendi. Su progetti di ricerca specifici abbiamo molti finanziatori, ma servono anche fondi certi e continuativi sia per gli stipendi che per i progetti di lungo periodo».
Quanti docenti perderete con il turnover ridotto al 20%?
«Di qui al 2011 non potremo rimpiazzare 74 professori e ricercatori, 84 nel 2012».
Di conseguenza?
«Potremo garantire 74 mila 844 ore di lezione, contro le 88 mila 641 del 2008. Il calo d’ateneo sarà del 15,6%, più drammatico in alcune facoltà: meno 30,5% di lezioni ad Architettura 2, 21,6% ad Architettura 1, 14,8% a Ingegneria 1, 12,9 a Ingegneria 3. In un sistema già sottofinanziato, si innesca un processo molto pesante: lo stop del turnover, oltre a polverizzare le speranze di giovani e precari, arriva proprio in una fase di uscite di massa».
Vanno in pensione tutti ora?
«A metà degli anni Settanta ci furono concorsi di massa e queste persone escono ora tutte insieme. Si rischia insomma, di svuotare di botto gli atenei».
Spariranno dei corsi di laurea?
«E’ ovvio che non sarà possibile mantenere l’attuale offerta formativa nei prossimi anni».
Molti rettori temono che la possibilità di trasformare gli atenei in fondazioni private cancelli la libertà della didattica e della ricerca in nome degli interessi dei privati che pagheranno i conti. La pensa così anche lei?
«Penso che le università debbano restare pubbliche, anche se l’interlocutore non deve più essere solo lo Stato, ma anche le Regioni e l’Europa».
Gli atenei sono senza colpe?
«No l’università deve fare autocritica: i 77 atenei hanno 360 sedi, certo troppe, e si sono eccessivamente spezzettati corsi e saperi. Ma non darci i soldi per pagare gli stipendi dal 2010 non è la soluzione. Serve una grande e importante riforma di cui tutti sentiamo la necessità».
Che cosa chiede?
«Una nuova governance, con catene decisionali più corte. Oggi la stessa decisione è vagliata da troppi organismi. Occorrono nuove regole di reclutamento che premino i migliori, e un sistema serio di valutazione della ricerca che garantisca più fondi a chi lavora di più e meglio. Chiedo che il ministro sieda a discutere con i rettori, e che non ci siano per le università solo tagli finanziari, per di più non sostenibili, ma discussione dei contenuti. Il modello delle università è vecchio di trent’anni. E’ tempo di cambiare».