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giovedì 10 dicembre 2009

il commento da un blog di un nostro sostenitore, ci scusiamo per non averlo pubblicato prima

Fanno il deserto e la chiamano università

Pubblicato da Marco on martedì 20 ottobre 2009 / Etichette: Gelmini, Mondovì, Politecnico, Politica locale, Profumo


In queste settimane gli amici del Politecnico di Mondovì e di altre sedi distaccate stanno protestando contro la decisione di chiudere queste sedi.
Vorrei esprimere la mia solidarietà agli amici studenti provando ad esporre alcuni piccoli ragionamenti che possono essere utili.
Premetto di essere sempre stato molto scettico nei confronti del proliferare delle sedi universitarie in tutta Italia. A mio parere in questo paese l'idea di aprire università sotto le case dei clienti (perchè questo, in realtà, hanno sempre pensato) è stata una pura operazione di marketing che non aveva niente a che fare con il diritto allo studio e con la qualità della didattica. Le sedi distaccate hanno senso se hanno legami con il territorio e sono perfettamente autonome. Se i professori e i dipendenti fanno i pendolari non ha senso fare una sede decentrata. Spesso accade che a rimetterci siano gli studenti stessi che si ritrovano con professori svogliati e demotivati.
Questa premessa è necessaria.
Detto questo, proviamo a capire cosa sta accadendo ora. Il ministro Gelmini ha messo in ginocchio l'università italiana con tagli senza senso. Le difficoltà di facoltà e dipartimenti in tutta Italia sono drammaticamente serie: non ci sono risorse nè per la ricerca nè per la didattica. Purtroppo conosco personalmente una situazione fatta di precariato e mancanza di fondi.
Cosa chiedono gli studenti del Poli di Mondovi?
1) Apertura di un tavolo di discussione tra il Politecnico, la Città di Mondovì, la Regione e le rappresentanze di studenti e docenti.

Concertazione. Una richiesta sacrosanta. Ogni decisione democratica deve essere presa collettivamente. Da un po' di anni le università non hanno niente di democratico e gli studenti non contano assolutamente niente. Tutto è mercato.


2) Rafforzamento, a livello amministrativo, del rapporto tra università ed enti locali: maggiore cooperazione da entrambi i fronti al fine di favorire un’interrelazione proficua tra università e tessuto sociale-imprenditoriale del territorio circostante (basta cattedrali nel deserto!). Sottolineiamo, a titolo d’esempio, come il settore agroalimentare, di fondamentale importanza per il nostro paese e per l’UE, trovi qui un’eccezionale opportunità di integrazione tra ricerca applicata e aziende locali (non altrettanto riproponibile nel polo metropolitano torinese)


Ecco perchè la mia premessa era necessaria. Il punto è esattamente quello di evitare cattedrali nel deserto. Gli studenti sono perfettamente consapevoli di questo. Ad esempio una sede del corso di laurea in economia agraria ha più senso farla a Cuneo che a Torino.

3) Rafforzare l’alto grado di specializzazione dei corsi di laurea del polo di Mondovì onde giustificare il radicamento sul territorio -di cui al punto precedente- e renderlo un polo di eccellenza la ricerca applicata. Attualmente a Torino non esistono Corsi di Ingegneria Civile Per la Gestione delle Acque, Ingegneria Agroalimentare e Architettura (Ambiente e Paesaggio), corsi indubbiamente strategici. Chiediamo all’Ateneo di ragionare circa un nuovo assetto del decentramento, fondato sul criterio della specializzazione e peculiarità dei poli.

Questo è il punto più importante. Le sedi decentrate assumono un senso quando sono specializzate e legate con il territorio. Accanto alla specializzazione questi decentramenti devono garantire uno stretto collegamento tra didattica e ricerca per evitare il pendolarismo dei professori e ricercatori.

4) Capire come mai il Politecnico di Torino sia la prima università in Italia a dar seguito alla nota ministeriale n° 160 del 4/09/2009, considerata soprattutto la posizione di altri importanti atenei politecnici italiani, i quali stanno ancora portando avanti nei confronti del Ministero la discussione circa le modalità attuative migliori della riforma dell’Istruzione Pubblica (Legge 6 agosto 2008 n.133, Legge 9 gennaio 2009 n.1) cui la suddetta nota fa riferimento. 5) Valutare la possibilità di un appello alla Corte dei Conti da parte dei sindaci della Provincia.

Questi punti si commentano da soli. Gli studenti hanno l'innegabile pregio di proporre, oltre a protestare.
Mi sembrano ridicole alcune giustificazioni di Profumo che parla di teledidattica: una presa in giro. La teledidattica in facoltà come ingegneria e architettura è un insulto alla didattica stessa: pensare di spiegare un esercizio con i video è pazzia.
Un serio ripensamento sul decentramento è necessario ma questo dovrebbe essere fatto per migliorare la dittatica e la ricerca e non per il bilancio. Se si vogliono tagliare le sedi decentrate bisogna garantire il diritto allo studio attraverso maggiori agevolazioni per i pendolari favorendo l'integrazione.
In conclusione, in attesa della decisione del senato accademico di domani 21 ottobre, posso solo dire agli amici di Mondovì che tutta l'Università italiana è in lotta per questa riforma assassina del ministro Gelmini e che la loro è solo una battaglia di quella grande guerra contro chi vuole un paese più ignorante e servo.

http://lanternarossa.blogspot.com/2009/10/fecero-il-deserto-e-la-chiamarono.html

da: http://lanternarossa.blogspot.com

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