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domenica 18 ottobre 2009

DOPO VENT’ANNI

Intervista a Marco Gilli prorettore

«Non possiamo più garantire l’offerta formativa com’è oggi»

LA STAMPA - MONDOVI’ - Non è stato facile, ieri, il ruolo di Marco Gilli, prorettore del Politecnico di Torino. Ha prima risposto e affrontato gli amministratori locali nella sala del Consiglio comunale, poi ha accettato di visitare la sede universitaria monregalese occupata da giovedì dagli studenti, rispondendo alle loro domande nell’aula magna.
Professor Gilli, la razionalizzazione del Senato accademico, qui, nella sede decentrata, fa rima con il «de profundis» dell’università. E’ così?
«Partiamo da un punto fisso: l’università deve stilare bilanci e garantire un servizio di qualità dello studio. Il Senato accademico non sta giocando con i numeri. La decisione, condivisibile o meno, è del legislatore e noi dobbiamo affrontare i tagli. Le ore complessive di lezione passeranno da 182 mila a 96 mila: i docenti da 891 a 847: una scelta obbligata. Il vincolo ministeriale, (e questo lo dice la legge, non una circolare, impone di spendere in stipendi meno del 90 per cento del fondo di finanziamento e vincola il turn over al 50 per cento: ogni due docenti in pensione se ne può assumere uno. Occorre fare delle scelte».
Colpendo le sedi decentrate?
«Non siamo qui per chiudere tutto o per chiedere altri soldi. Cerchiamo soluzioni possibili, come la teledidattica. Oggi (ieri, ndr) ho sentito i rappresentanti della Regione affermare che Mondovì ha peculiarità e specializzazioni che in Piemonte non esistono. E’ una bella base di partenza, riporterò questo “vantaggio monregalese” in Senato e vedremo».
E per la didattica?
«Su questo aspetto non posso fare alcuna promessa. Deciderà il Senato, però sottolineo che la situazione non è così banale: ci sono alcune sedi decentrate con nove persone iscritte. E’ assurdo».
Concorda che non è il caso di Mondovì, che ha numeri importanti di iscritti e risorse finanziarie?
«Non c’è alcuna volontà di mortificare Mondovì né il lavoro fatto in vent’anni, ma non possiamo garantire l’offerta formativa com’è oggi. Con questo sistema nel 2011 non sarebbe più possibile pagare gli stipendi dei docenti».

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